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Primatìccio, Francesco.

Pittore, scultore e architetto italiano. Formatosi alla scuola di Innocenzo da Imola e di Bagnocavallo e notevolmente influenzato da Michelangelo, da Correggio e da Parmigianino, divenne, tra il 1526 e il 1531, collaboratore di Giulio Romano per i vari progetti degli edifici dei Gonzaga a Mantova. Sue sono alcune opere decorative del palazzo del Te e le lunette del gabinetto di Apollo nel palazzo ducale. Dal 1532 in poi lavorò in Francia, attivo a Fontainebleau alla corte di Francesco I e a Parigi, dove decorò il palazzo dei Guisa. Della sua vastissima produzione artistica, in parte perduta, in parte modificata da interventi successivi, rimangono solo le riproduzioni nei disegni e nelle incisioni dei contemporanei, che testimoniano l'uniformità di concezione e di stile delle decorazioni di P. Stimolato verso il manierismo dalla collaborazione con Rosso Fiorentino, direttore artistico nella corte francese, il pittore elaborò un manierismo aristocratico, elegante, fondato sostanzialmente sulla figura umana, interprete, nelle sue opere, di temi mitologici. Dal 1541 alla morte, P. realizzò gli affreschi ora perduti delle Storie di Ulisse in una galleria del palazzo di Fointainebleau. Nello stesso palazzo decorò la camera della regina con stucchi, la camera della duchessa d'Etampes, con stucchi e pitture affini a quelle del Parmigianino alla Steccata, e la sala da ballo, detta anche galleria Enrico II o galleria degli Stucchi, con nudi mitologici in parte affidati a Niccolò dell'Abate, che lo aveva raggiunto nel 1552. Nel 1540, anno della morte di Rosso Fiorentino, P. gli era successo nella sua carica di pittore di corte e sovrintendente della fonderia reale e aveva iniziato a raccogliere intorno a sé numerosi artisti italiani e francesi, tra i quali S. Serlio, B. Cellini, G. Pilon e Ph. de l'Orme, creando una vera e propria scuola manieristica, destinata a scomparire con la morte del suo promotore, ma il cui influsso formativo molto si fece sentire sugli artisti della cosiddetta Renaissance francese. Tra le opere superstiti si ricordano Ulisse e Penelope, Svenimento di Elena, Vertumno, Autoritratto (Bologna 1504 - Parigi 1570).